Sesta dichiarazione della Selva Lacandona
Questa è la nostra semplice parola che cerca di toccare il cuore della gente umile e semplice come noi e, proprio come noi, degna e ribelle. Questa è la nostra semplice parola per raccontare quale è stato il nostro cammino e dove ci troviamo ora, per spiegare come vediamo il mondo ed il nostro paese, per dire quello che pensiamo di fare e come pensiamo di farlo, e per invitare altre persone ad incamminarsi con noi in qualcosa di molto grande che si chiama Messico e qualcosa di
più grande che si chiama mondo. Questa è la nostra semplice parola per far sapere a tutti i cuori onesti e nobili, quello che vogliamo per il Messico e per il mondo. Questa è la nostra semplice parola, perché la nostra idea è chiamare quelli come noi ed unirci a loro, in qualsiasi parte vivano e lottino.
I. Quello che siamo
Noi siamo gli zapatisti dell'EZLN, benché ci chiamino anche "neo zapatisti". Noi, gli zapatisti dell'EZLN, ci siamo sollevati in armi nel gennaio del 1994 perché vedevamo le troppe malvagità che fanno i potenti capaci solo di umiliarci, derubarci, metterci in prigione e ammazzarci, e niente e nessuno che dice né fa nulla. Per questo motivo dicemmo "Ora Basta! ", in pratica, non avremmo più permesso che ci umiliassero e ci trattassero peggio degli animali. Allora, dicemmo anche di volere la democrazia, la libertà e la giustizia per tutti i messicani, anche se ci siamo concentrati più sui popoli indios. Perché noi dell'EZLN siamo quasi tutti puri indigeni di qua del Chiapas, ma non vogliamo lottare solo per il nostro bene o solo per il bene degli indigeni del Chiapas, o solo per i popoli indios del Messico, ma vogliamo lottare insieme a tutte le persone umili e semplici come noi, che hanno grandi bisogni e che subiscono lo sfruttamento e le ruberie dei ricchi e dei loro malgoverni qui nel nostro Messico ed in altri paesi del mondo.
Dunque, la nostra piccola storia è che ci stancammo dello sfruttamento dei potenti e quindi ci organizzammo per difenderci e per lottare per la giustizia. All'inizio non eravamo molti, solo qualcuno, e andavamo da un posto all'altro a parlare ed ascoltare altre persone come noi. Per molti anni abbiamo fatto questo e lo abbiamo fatto in segreto, senza chiasso. Abbiamo raccolto le nostre forze in silenzio. Abbiamo trascorso così 10 anni e poi siamo cresciuti e siamo diventati molte migliaia. Allora, ci siamo preparati bene con la politica e con le armi ed improvvisamente, mentre i ricchi stavano festeggiando l'anno nuovo, siamo piombati sulle loro città e le abbiamo occupate ed abbiamo così fatto sapere a tutti che siamo qui, che ci devono prendere in considerazione. Allora i ricchi si presero un bello spavento e ci mandarono contro i loro grandi eserciti per annientarci, come fanno sempre ogni volta che gli sfruttati si ribellano, li mandano per eliminare tutti. Ma non ci eliminarono per niente, perché noi ci eravamo preparati molto bene prima della guerra e ci facemmo forti dentro le nostre montagne. E qui sono arrivati gli eserciti a cercarci e gettarci le loro bombe e pallottole, e ormai pianificavano di ammazzare in una volta tutti gli indigeni perché non sapevano esattamente chi era zapatista e chi no. E noi a correre e combattere, combattere e correre, come hanno fatto i nostri antenati. Senza consegnarci, senza arrenderci, senza sconfiggerci.
Allora, la gente delle città uscì per le strade ed incominciò a gridare di fermare la guerra. Così, noi abbiamo fermato la nostra guerra ed abbiamo ascoltato quei fratelli e sorelle della città che ci dicevano di tentare di giungere ad un accordo, cioè un accordo con i malgoverni per risolvere il problema senza carneficine. E noi abbiamo ascoltato la gente, perché quella gente è come si dice "il popolo", cioè il popolo messicano. Cosicché abbiamo messo da parte il fuoco ed abbiamo tirato fuori la parola.
Ed i governi dissero di essere ben disposti e che avrebbero dialogato e fatto accordi e che li avrebbero rispettati. E noi dicemmo che sta bene, ma pensammo anche che sarebbe stato bene conoscere quella gente che era uscita per le strade per fermare la guerra. Allora, mentre dialogavamo con i malgoverni, abbiamo parlato anche con queste persone ed abbiamo visto che la maggioranza era gente umile e semplice come noi, ed entrambi sapevamo bene perché lottavamo, cioè loro e noi. Questa gente la chiamammo "società civile" perché la maggioranza non faceva parte di partiti politici, ma era gente comune, come noi, gente semplice ed umile.
Ma risulta che i malgoverni non volevano un buon accordo, era solo un loro stratagemma quello di voler parlare e stringere accordi mentre stavano preparando i loro attacchi per eliminarci definitivamente. E diverse volte ci hanno attaccato ma non ci hanno vinto perché noi abbiamo resistito bene e molta gente in tutto il mondo si è mobilitata. Allora i malgoverni hanno pensato che il problema era che molta gente stava vedendo quello che succedeva a proposito dell'EZLN e di proposito hanno iniziato a comportarsi come se non stesse accadendo nulla. Nel frattempo, ci circondarono per bene, cioè ci accerchiarono, sperando che, siccome le nostre montagne sono remote, la gente si dimenticasse perché la terra zapatista è lontana. E di volta in volta i malgoverni hanno provato e tentato di ingannarci o attaccarci, come nel febbraio del 1995 quando ci scatenarono addosso una gran quantità di soldati ma non ci sconfissero. Perché, come poi si disse, non eravamo soli e molta gente ci appoggiò e resistemmo bene.
Allora i malgoverni hanno dovuto fare accordi con l'EZLN e questi accordi si chiamano "Accordi di San Andrés" perché "San Andrés" è il nome del municipio dove sono stati firmati questi accordi. Durante quei dialoghi non eravamo soli a parlare con quelli del malgoverno, ma avevamo invitato molta gente ed organizzazioni che lottavano o lottano per i popoli indios del Messico, e tutti dicevano la loro parola e tutti insieme si concordava che cosa dire ai malgoverni. Così si svolse quel dialogo, non c'erano solo gli zapatisti da una parte ed i governi dall'altra, ma con gli zapatisti c'erano i popoli indios del Messico e quelli che li appoggiavano. Ed in quegli accordi i malgoverni dissero che avrebbero riconosciuto i diritti dei popoli indios del Messico e rispettato la loro cultura, e che avrebbero fatto diventare il tutto, legge della Costituzione. Ma, subito dopo aver firmato, i malgoverni si sono comportati come se se ne fossero dimenticati e sono trascorsi molti anni senza che questi accordi fossero rispettati. Invece, il governo attaccò gli indigeni per farli desistere dalla lotta, come quel 22 dicembre del 1997, data in cui Zedillo fece ammazzare 45 uomini, donne, anziani e bambini nel villaggio del Chiapas che si chiama ACTEAL. Questo grave crimine non si dimentica tanto facilmente, ed è la dimostrazione di come i malgoverni non si fanno scrupolo di attaccare ed assassinare coloro che si ribellano contro le ingiustizie. Mentre succede tutto questo, noi zapatisti facciamo di tutto affinché si rispettino gli accordi e resistiamo sulle montagne del sudest messicano. E incominciammo a parlare con altri popoli indios del Messico e le loro organizzazioni e concordammo con loro di lottare insieme per la stessa cosa, cioè per il riconoscimento dei diritti e della cultura indigeni. Ci appoggiò anche molta gente di tutto il mondo e molte persone stimate per la loro parola perché sono importanti intellettuali, artisti e scienziati del Messico e di tutto il mondo. Abbiamo fatto anche incontri internazionali, cioè ci siamo trovati insieme a parlare con persone dell'America e dell'Asia e dell'Europa e dell'Africa e dell'Oceania, ed abbiamo conosciuto le loro lotte ed i loro modi, e li abbiamo chiamati incontri "intergalattici" per fare gli spiritosi e perché avevamo invitato anche quelli di altri pianeti che però non sono arrivati, o forse sono venuti ma non l'hanno fatto sapere. Poiché i malgoverni non rispettavano gli accordi, allora pensammo di parlare con molti messicani affinché ci sostenessero. Così, per prima cosa nel 1997 abbiamo fatto una marcia su Città del Messico chiamata "dei 1.111" perché vi partecipava un compagno o una compagna per ogni comunità zapatista, ma il governo non ci fece caso. Poi, nel 1999, abbiamo realizzato una consultazione in tutto il paese ed abbiamo così verificato che la maggioranza era d'accordo con le richieste dei popoli indios, ma neppure a questa fecero caso i malgoverni. Per ultimo, nel 2001, abbiamo fatto la "marcia per la dignità indigena" che ha trovato il sostegno di milioni di messicani e di altri paesi, ed è arrivata fino a dove siedono i deputati e i senatori, cioè al Congresso dell'Unione, per esigere il riconoscimento degli indigeni messicani.
Ma niente, i politici del partito PRI, il partito PAN ed il partito PRD, si misero d'accordo tra loro e non riconobbero i diritti e la cultura indigeni. Questo accadde nell'aprile del 2001, e in quell'occasione i politici hanno dimostrato chiaramente di non avere un minimo di decenza, di essere svergognati e di pensare solo a guadagnare i loro bei soldi come malgovernanti quali sono. Questo bisogna ricordarlo perché vedrete che adesso diranno che riconosceranno i diritti indigeni, ma è una bugia per far sì che si voti per loro, ma hanno già avuto la loro opportunità e non hanno fatto il loro dovere.
Ci siamo dunque resi conto di quanto siano stati vani il dialogo e la negoziazione con i malgoverni del Messico. Loro non badano se stiamo parlando con i politici perché né il loro cuore né la loro parola sono retti, ma distorti e mentono dicendo che rispetteranno gli accordi, ma non è così. Quel giorno, quando i politici del PRI, PAN e PRD hanno approvato una legge inutile, con un colpo solo hanno ucciso il dialogo e detto chiaramente che non ha importanza quello che concordano e firmano perché non mantengono la parola. Quindi, non abbiamo più cercato nessun contatto con i poteri federali perché abbiamo compreso che il dialogo e la negoziazione erano falliti a causa di quei partiti politici. Abbiamo capito che non gli importava il sangue, la morte, la sofferenza, le mobilitazioni, le consultazioni, gli sforzi, i pronunciamenti nazionali ed internazionali, gli incontri, gli accordi, le firme, gli impegni. In questo modo, la classe politica non solo ha chiuso un'altra volta la porta ai popoli indios; ha dato anche un colpo mortale alla soluzione pacifica, dialogata e negoziata della guerra. E non si può più credere che rispetterà gli accordi presi con qualcuno. Guardate bene e fate esperienza di quanto ci è accaduto.
Ci siamo resi ben conto di tutto questo e nei nostri cuori abbiamo pensato che cosa avremmo fatto. La prima cosa che abbiamo inteso era che il nostro cuore non era più come prima, quando avevamo iniziato la nostra lotta, ma era più grande perché avevamo toccato il cuore di molta gente buona. Ed abbiamo capito anche che il nostro cuore era ancora più ferito. Ma non per l'inganno subito dai malgoverni, ma perché quando abbiamo toccato i cuori di altri, abbiamo sentito anche i loro dolori. Era come se ci fossimo guardati in uno specchio.
II. Dove siamo adesso
Dunque, come zapatisti, abbiamo pensato che non bastava smettere di dialogare con il governo, ma che era necessario continuare la lotta nonostante quei parassiti fannulloni dei politici. L'EZLN decise allora l'applicazione, solo da parte sua (si dice "unilaterale" perché solo da una parte) degli Accordi di San Andrés per la parte dei diritti e cultura indigeni. Per 4 anni, dalla metà del 2001 fino a metà del 2005, ci siamo dedicati a questo e ad altre cose che diremo.
Bene, abbiamo allora cominciato ad avviare i municipi autonomi ribelli zapatisti, che è la forma in cui si sono organizzati i popoli per governare e governarsi, per rendersi più forti. Questa forma di governo autonomo non è stata inventata dall'EZLN, ma viene da molti secoli di resistenza indigena e dalla stessa esperienza zapatista, è l'autogoverno delle comunità. Cioè, non è che viene qualcuno da fuori a governare, ma i popoli stessi decidono, tra di loro, chi e come governa, e se non obbedisce lo rimuovono. Cioè, se quello che comanda non obbedisce al popolo, lo rimuovono dall'incarico, non è più autorità e subentra un altro.
Ma ci siamo accorti che i municipi autonomi non erano tutti alla pari, ce n'erano alcuni più sviluppati e che avevano maggiori aiuti da parte della società civile, mentre altri erano più abbandonati. C'era quindi bisogno di organizzazione perché ci fosse più parità.
Ci siamo anche accorti che l'EZLN, con la sua parte politico-militare si intrometteva nelle decisioni che spettavano alle autorità democratiche, come si dice "civili". Il problema è che la parte politico-militare dell'EZLN non è democratica, perché è un esercito, ed abbiamo visto che non è un bene che la parte militare stia sopra e la parte democratica sotto, perché non deve essere che quello che è democratico si decida militarmente, ma deve essere il contrario: cioè, che sopra la parte politica democratica comanda e sotto la parte militare obbedisce. O forse sarebbe meglio che niente sia sotto ma che tutto sia allo stesso livello, senza parte militare, per questo gli zapatisti sono soldati, affinché non ci siano soldati. Bene, allora, per risolvere questo problema abbiamo cominciato a separare la parte politico-militare dalle forme di organizzazione autonome e democratiche delle comunità zapatiste. Così, azioni e decisioni che prima faceva e prendeva l'EZLN, a poco a poco sono state passate alle autorità democraticamente elette nelle comunità.
Sembra facile a dirsi, ma nella pratica è costato molto perché sono molti anni, prima di preparazione alla guerra e poi di guerra, e si fa l'abitudine alla cosa politico-militare. Ma l'abbiamo fatto perché questo è il nostro modo di fare, quello che diciamo poi lo facciamo, perché altrimenti perché lo dovremmo dire se poi non lo facciamo.
Così sono nate le Giunte di Buon Governo, nell'agosto del 2003, e con queste si è continuato l'apprendistato e l'esercizio del "comandare obbedendo". Da allora e fino alla metà del 2005, la dirigenza dell'EZLN non ha più dato ordini sulle questioni civili, ma ha accompagnato ed appoggiato le autorità elette democraticamente dalle comunità, inoltre, ha vigilato che le comunità e la società civile nazionale ed internazionale fossero opportunamente informate sugli aiuti ricevuti e sul loro utilizzo. Ed ora stiamo trasferendo il lavoro di vigilanza del buon governo alle basi di appoggio zapatiste, con incarichi temporanei a rotazione, in modo che tutti e tutte imparino e svolgano questo compito. Perché noi pensiamo che un popolo che non vigila sui suoi governanti, è condannato ad essere schiavo, e noi combattiamo per essere liberi, non per cambiare padrone ogni sei anni.
L'EZLN, durante questi 4 anni, ha trasferito alle Giunte di Buon Governo ed ai Municipi Autonomi, gli appoggi ed i contatti che, in tutto il Messico e nel mondo, sono stati raccolti in questi anni di guerra e resistenza. Inoltre, in questo periodo, l'EZLN ha costruito un supporto economico e politico che permettesse alle comunità zapatiste di andare avanti con meno difficoltà nella costruzione della loro autonomia e migliorare le loro condizioni di vita. Non è molto, ma è molto di più di quanto si aveva prima dell'inizio della sollevazione, nel gennaio del 1994.
Se si legge qualcuno degli studi che fanno i governi, si vede che le uniche comunità indigene che hanno migliorato le proprie condizioni di vita, cioè la loro salute, educazione, alimentazione, abitazione, sono quelle che si trovano in territorio zapatista, come diciamo noi, dove si trovano le nostre comunità. Tutto questo è stato possibile grazie allo sviluppo dei popoli zapatisti ed al sostegno molto grande ricevuto da persone buone e nobili che chiamiamo "società civili", e dalle loro organizzazioni di tutto il mondo. Come se tutte queste persone avessero reso reale quella cosa del "un altro mondo è possibile", ma nei fatti, non nelle chiacchiere.
Quindi, le comunità hanno fatto buoni progressi.
Adesso ci sono più compagni e compagne che stanno imparando ad essere governo. E, anche se poco a poco, più donne si stanno inserendo in questi lavori, anche se continua ad esserci mancanza di rispetto per le compagne e necessità di una maggiore partecipazione nelle attività di lotta. Inoltre, con le Giunte di Buon Governo è migliorato il coordinamento tra i municipi autonomi e la soluzione dei problemi con altre organizzazioni e con le autorità ufficiali. Si è migliorato molto anche riguardo ai progetti presenti nelle comunità ed è più equa la ripartizione di progetti ed aiuti forniti dalla società civile di tutto il mondo: è migliorata la salute e l'educazione sebbene manchi ancora molto per essere quello che dovrebbe essere, la stessa cosa riguardo alla casa e l'alimentazione, ed in alcune zone è migliorato molto il problema della terra perché si sono suddivise le terre recuperate dai proprietari delle fincas, ma ci sono zone che continuano a soffrire per mancanza di terre da coltivare. Inoltre, è migliorato molto l'appoggio della società civile nazionale ed internazionale, perché prima ognuno andava dove gli garbava ed ora le Giunte di Buon Governo li indirizzano dove è più necessario. Dovunque, ci sono più compagni e compagne che stanno imparando a relazionarsi con le persone di altre parti del Messico e del mondo, stanno imparando a rispettare e a esigere rispetto, stanno imparando che ci sono molti mondi e che tutti hanno il loro posto, il loro tempo ed i loro modi, quindi bisogna rispettarsi reciprocamente.
Noi zapatisti dell'EZLN abbiamo dedicato questo tempo alla nostra forza principale, cioè ai popoli che ci sostengono. La situazione in qualche cosa è migliorata e non si può dire che l'organizzazione e la lotta zapatiste sono state vane, ma, anche se ci elimineranno completamente, la nostra lotta é servita a qualcosa.
Non sono cresciuti solo i popoli zapatisti, ma è cresciuto anche l'EZLN. Perché in questo tempo è successo che le nuove generazioni hanno rinnovato tutta la nostra organizzazione. Hanno portato nuova forza. I comandanti e le comandanti che raggiungevano la loro maturità all'inizio della sollevazione nel 1994, posseggono ora la saggezza di quanto appreso nella guerra e nel dialogo di 12 anni con migliaia di uomini e donne di tutto il mondo. I membri del CCRI, la direzione politico-organizzativa zapatista, ora consigliano ed orientano i nuovi che continuano ad unirsi alla nostra lotta e che vanno ad occupare incarichi direttivi. Da tempo ormai i "comitati" (come li chiamiamo noi) hanno preparato tutta una nuova generazione di comandanti e comandanti che, dopo un periodo di istruzione e prova, incominciano ad apprendere i compiti di comando organizzativo e a svolgerli. E succede anche che i nostri insurgentes, insurgentas, miliziani, miliziane, responsabili locali e regionali, così come le basi di appoggio che erano giovani all'inizio della sollevazione, sono ora uomini e donne maturi, veterani combattenti e leader naturali nelle proprie unità e comunità. E chi era bambino quel gennaio del '94, ora è un giovane cresciuto nella resistenza e formato nella degna ribellione condotta dai suoi genitori in questi 12 anni di guerra. Questi giovani hanno una formazione politica, tecnica e culturale che non avevano i fondatori del movimento zapatista. Questa gioventù alimenta ora, sempre di più, tanto le nostre truppe quanto i ruoli direttivi nell'organizzazione. Tutti noi abbiamo visto gli inganni della classe politica messicana e la distruzione che le sue azioni provocano nella nostra patria. Ed abbiamo visto le grandi ingiustizie e carneficine che compie la globalizzazione neoliberista in tutto il mondo. Ma di questo parleremo in seguito.
Così l'EZLN ha resistito a 12 anni di guerra, di attacchi militari, politici, ideologici ed economici, di accerchiamento, di vessazioni, di persecuzione, ma non ci hanno sconfitto, non ci siamo venduti né arresi, e siamo andati avanti. Molti altri compagni di molte parti sono entrati a far parte della lotta, cosicché, invece di indebolirci dopo tanti anni, siamo diventati più forti. Ci sono indubbiamente problemi che si possono risolvere separando di più la parte politico-militare dalla parte civile-democratica. Ma ci sono cose, le più importanti, come le nostre richieste per cui lottiamo, che non sono ancora state raggiunte completamente.
Secondo il nostro pensiero e quello che sentiamo nel nostro cuore, siamo arrivati ad un punto in cui non possiamo più andare oltre, in aggiunta, è possibile che perdiamo tutto quello che abbiamo se restiamo dove siamo arrivati adesso e non facciamo nient'altro per avanzare. Quindi, è arrivata l'ora di rischiare un'altra volta e compiere un passo pericoloso ma che vale la pena. Perché, forse uniti con altri settori sociali che hanno i nostri stessi bisogni sarà possibile ottenere quello di cui necessitiamo e meritiamo. Un nuovo passo avanti nella lotta indigena è possibile solo se l'indigeno si unisce con operai, contadini, studenti, insegnanti, impiegati... cioè i lavoratori della città e della campagna.
III. Come vediamo il mondo
Ora vi spieghiamo come noi zapatisti vediamo ciò che succede nel mondo. Dato che vediamo che il capitalismo è il più forte adesso. Il capitalismo è un sistema sociale, cioè il modo in cui in una società sono organizzate le cose e le persone, e chi ha e chi non ha, e chi comanda e chi obbedisce. Nel capitalismo ci sono alcuni che hanno denaro cioè capitale e fabbriche e negozi e terre e molte cose, e ci sono altri che non hanno niente ma hanno solo la loro forza e le loro conoscenze per lavorare; e nel capitalismo comandano quelli che hanno il denaro e le cose ed obbediscono quelli che non hanno altro che la loro capacità di lavoro.
Dunque, il capitalismo vuol dire che ci sono pochi che hanno grandi ricchezze, ma non è che abbiano vinto un premio, o trovato un tesoro o ereditato da un parente, quelle ricchezze le ottengono sfruttando il lavoro di molti. Cioè questo capitalismo si basa sullo sfruttamento dei lavoratori, il che vuole dire che spremono i lavoratori e tirano fuori da loro tutto quello che possono per guadagnarci. E questo si fa con ingiustizia perché non pagano il giusto al lavoratore per il suo lavoro, ma gli danno un salario appena sufficiente per mangiare un po' e perché possa riposarsi un pochino ed il giorno seguente torni di nuovo a lavorare dove lo sfruttano che sia nelle campagne o in città.
Ed anche il capitalismo si arricchisce con la spoliazione, cioè col furto, perché toglie ad altri quello che brama, per esempio terre e ricchezze naturali. Cioè il capitalismo è un sistema dove i ladri sono liberi e sono ammirati e portati ad esempio.
Ed oltre a sfruttare e togliere, il capitalismo reprime perché imprigiona ed ammazza coloro che si ribellano contro l'ingiustizia.
Al capitalismo quello che più interessa sono le merci, perché quando si comprano e si vendono danno guadagni. Ed allora il capitalismo trasforma tutto in merce, per lui sono merci le persone, la natura, la cultura, la storia, la coscienza. Secondo il capitalismo, tutto deve potersi comprare e vendere. E nasconde tutto dietro le merci affinché non vediamo lo sfruttamento che compie. Ed allora le merci si comprano e si vendono in un mercato. E risulta che il mercato, oltre a servire per comprare e vendere, serve anche per nascondere lo sfruttamento dei lavoratori. Per esempio, nel mercato vediamo il caffè già confezionato, nel suo sacchetto o nel barattolo proprio bello, ma non vediamo il contadino che ha sofferto nella raccolta del caffè e non vediamo il coyote che gli ha pagato pochissimo il suo lavoro e non vediamo i lavoratori nella grande impresa dai e dai ad impacchettare il caffè. Oppure, prendiamo un registratore per ascoltare musica tipo cumbia, ranchera o corrido o come volete, e vediamo che è molto buono perché ha buon suono, ma non vediamo l'operaia della maquiladora che ha tribolato molte ore per collegare i cavi e le parti dell'apparecchio e le hanno pagato una miseria di denaro, e lei che vive lontano dal posto di lavoro e spende molto per il trasporto e che corre inoltre il rischio che la sequestrino, la violentino e l'ammazzino come succede a Ciudad Juárez, in Messico.
Sul mercato vediamo merci, ma non vediamo lo sfruttamento attraverso cui sono state fatte. Ed allora il capitalismo ha bisogno di molti mercati... o di un mercato molto grande, un mercato mondiale.
Ed allora risulta che il capitalismo di adesso non è come quello di prima quando i ricchi erano contenti di sfruttare i lavoratori nei loro paesi, ora si trova in una fase che si chiama Globalizzazione Neoliberista. Questa globalizzazione vuol dire che oramai i lavoratori si dominano non solo in un paese o in diversi, i capitalisti oramai tentano di dominare tutto in tutto il mondo. E dato che il mondo, cioè il pianeta Terra, è detto anche "globo terracqueo", per questo motivo si dice "globalizzazione" cioè tutto il mondo.
E si parla di neoliberismo dato che è l'idea che il capitalismo è libero di dominare tutto il mondo e non c'è nulla da fare, perché bisogna rassegnarsi ed accontentarsi e non fare chiasso, cioè non ribellarsi. Il neoliberismo è la teoria, il progetto della globalizzazione capitalista. Ed il neoliberismo ha i suoi piani economici, politici, militari e culturali. In tutti questi piani quello di cui si tratta è di dominare tutti, e colui che non obbedisce viene represso e messo da parte affinché non passi le sue idee di ribellione ad altri.
Allora, nella globalizzazione neoliberista, i grandi capitalisti che vivono nei paesi potenti, come gli Stati Uniti, vogliono che tutto il mondo diventi come una grande impresa dove si producono merci e come un gran mercato. Un mercato mondiale, un mercato per comprare e vendere tutto quello che si produce nel mondo e per nascondere tutto lo sfruttamento di tutto il mondo. Allora i capitalisti globalizzati si inseriscono dappertutto, in tutti i paesi, per fare i loro grandi affari, ovvero, i loro grandi sfruttamenti. E non rispettano niente e si insediano a forza. Praticamente conquistano gli altri paesi. Per questo noi zapatisti diciamo che la globalizzazione neoliberista è una guerra di conquista di tutto il mondo, una guerra mondiale, una guerra che il capitalismo conduce per dominare a livello mondiale. Questa conquista a volte avviene con eserciti che invadono un paese e lo conquistano con la forza. Invece a volte avviene attraverso l'economia, cioè i grandi capitalisti mettono il loro denaro in un altro paese o gli prestano denaro, ma a condizione che obbedisca a quello che loro dicono. E introducono anche le loro idee, cioè la cultura capitalista che è la cultura della merce, del profitto, del mercato.
Con la conquista, il capitalismo fa quello che vuole, cioè distrugge e cambia quello che non gli piace ed elimina quello che lo disturba. Per esempio lo disturbano quelli che non producono né comprano né vendono le merci della modernità, o quelli che si ribellano a questo ordine. E quelli che non gli servono, li disprezza. Per questo motivo gli indigeni disturbano la globalizzazione neoliberista e per questo li disprezzano e li vogliono eliminare. Il capitalismo neoliberista cancella anche le leggi che non gli permettono di sfruttare ed avere molti profitti. Per esempio si impone che tutto si possa comprare e vendere e dato che il capitalismo ha il denaro, allora compra tutto. Così il capitalismo distrugge i paesi che conquista con la globalizzazione neoliberista, ma poi vuole pure risistemare tutto o rifarlo di nuovo ma a modo suo, cioè in modo che gli dia benefici e senza nessuno che lo disturbi. Così, la globalizzazione neoliberista, cioè capitalista, distrugge quello che c'è in quei paesi, distrugge la loro cultura, la loro lingua, il loro sistema economico, il loro sistema politico e distrugge anche le forme di relazione in questi paesi. Cioè, distrugge tutto quello che fa sì che un paese sia un paese.
Quindi, la globalizzazione neoliberista vuole distruggere le Nazioni del mondo e vuole che rimanga una sola Nazione o paese, cioè il paese del denaro, del capitale. Ed il capitalismo vuole allora che tutto sia come lui vuole, cioè a modo suo, e ciò che è diverso perché non gli piace, lo perseguita e l'attacca o lo mette da parte in un angolo e fa come se non esistesse.
Per riassumere, il capitalismo della globalizzazione neoliberista si basa sullo sfruttamento, sulla spoliazione, sul disprezzo e sulla repressione di quelli che non lo accettano. Ovvero, uguale a prima, ma ora globalizzato, mondiale.
Ma non è tanto facile per la globalizzazione neoliberista, perché gli sfruttati di ogni paese non si accontentano e non dicono che non c'è più nulla da fare, ma si ribellano; e quelli che protestano e disturbano, resistono e non si lasciano eliminare. Ed allora vediamo che in tutto il mondo quelli che sono fregati fanno resistenze per non arrendersi, cioè si ribellano, e non solo in un paese ma in tutti i posti in cui si trovano numerosi, cioè: dove c'è una globalizzazione neoliberista, c'è anche una globalizzazione della ribellione.
Ed in questa globalizzazione della ribellione non ci sono solo i lavoratori delle campagne e delle città, ma ci sono anche altri ed altre che sono perseguitati e disprezzati per lo stesso motivo, perché non si lasciano dominare, come le donne, i giovani, gli indigeni, gli omosessuali, le lesbiche, i transessuali, gli emigranti e molti altri gruppi presenti in tutto il mondo ma che non vediamo finché non gridano ora basta al disprezzo e si sollevano e allora sì li vediamo e li sentiamo e li conosciamo.
Ed allora noi vediamo che tutti questi gruppi di persone stanno lottando contro il neoliberismo, cioè contro il piano della globalizzazione capitalista e stanno lottando per l'umanità.
Ci stupisce molto vedere la stupidità dei neoliberisti che vogliono distruggere tutta l'umanità con le loro guerre ed i loro sfruttamenti, ma ci suscita anche grande contentezza vedere che dovunque nascono resistenze e ribellioni, come la nostra che è un po' piccola ma siamo qui. E vediamo tutto questo in tutto mondo ed il nostro cuore sa che non siamo soli.
IV. Come vediamo il nostro paese che è il Messico
Ora vi parliamo di come vediamo quello che sta succedendo nel nostro Messico. Bene, perché quello che vediamo è che il nostro paese è governato dai neoliberisti. Ossia che, come già abbiamo spiegato, i governanti che abbiamo stanno distruggendo la nostra Nazione, la nostra Patria messicana. Il loro lavoro, di questi cattivi governanti, non è agire per il benessere del popolo, ma solo occuparsi del benessere dei capitalisti. Per esempio, fanno leggi come quelle del Trattato di Libero Commercio, che gettano nella miseria molti messicani, tanto i contadini come i piccoli produttori, che vengono "divorati" dalle grandi imprese agroindustriali; così come gli operai ed i piccoli impresari perché non possono competere con le grandi transnazionali che si installano senza che nessuno dica loro niente e con tante grazie, e applicano bassi salari e prezzi alti. Così, come si dice, alcune delle basi economiche del nostro Messico, che erano la campagna e l'industria ed il commercio nazionali, sono distrutte e ne restano solo pochi rottami che di sicuro saranno venduti.
E queste sono delle grandi disgrazie per la nostra Patria. Perché nella campagna oramai non si producono alimenti, ma solo quello che vendono i grandi capitalisti e le terre buone sono rubate con la complicità e con l'appoggio dei politici. Nelle campagne sta succedendo lo stesso come ai tempi del Porfirismo, solo che, invece dei latifondisti, ora sono alcune imprese straniere quelle che fregano per bene il contadino. E dove prima c'erano crediti e prezzi protetti, adesso ci sono solo elemosine, ... e a volte neanche queste.
Per il lavoratore della città, invece, le fabbriche chiudono e si resta senza lavoro, o si aprono quelle che si chiamano maquiladorasche sono di proprietà degli stranieri e che pagano una miseria per molte ore di lavoro. Quindi, non importa il prezzo dei prodotti di cui ha bisogno il popolo perché, che sia caro o a buon mercato, non c'è stipendio. E se qualcuno lavorava in una piccola o media impresa, adesso non lavora più, perché è chiusa e l'ha comprata una grande transnazionale. E se qualcuno aveva un piccolo commercio, è sparito pure questo oppure si è messo a lavorare clandestinamente per le grandi imprese che sfruttano all'inverosimile e fanno lavorare perfino i bambini e le bambine. E se prima il lavoratore si rivolgeva al suo sindacato per chiedere legalmente i suoi diritti, adesso non più, perché lo stesso sindacato gli dice che deve accettare che gli abbassino il salario o la giornata di lavoro o che gli tolgano i servizi, perché se no l'impresa chiude e se ne va in un altro paese. E poi c'è quella cosa del "microcommercio", quasi il programma economico del governo perché tutti i lavoratori della città si mettano a vendere gomme da masticare o schede telefoniche agli angoli delle strade. E la pura distruzione economica anche nelle città.
Quello che accade è che l'economia del paese è compromessa tanto in campagna come in città, perché molti messicani e messicane devono lasciare la loro Patria, la terra messicana, ed andare a cercarsi il lavoro in un altro paese, gli Stati Uniti, e lì non li trattano bene ma li sfruttano, li perseguitano, li disprezzano e perfino li ammazzano. Allora nel neoliberismo che c'impongono i malgoverni non è migliorata l'economia, al contrario, la campagna è piena di necessità e nelle città non c'è lavoro. Il Messico sta diventando un paese dove prima nascono e vivono, e poi muoiono, quelli che lavorano per la ricchezza degli stranieri, in particolare dei gringos ricchi. Per questo diciamo che il Messico è dominato dagli Stati Uniti.
Bene, ma non succede solo questo, perché il neoliberismo ha cambiato anche la classe politica del Messico, cioè i politici, perché li ha fatti diventare come dei commessi di bottega che devono fare tutto il possibile per vendere tutto e a buon mercato. Avete visto che hanno già cambiato le leggi per cancellare l'articolo 27 della Costituzione per vendere le terre ejidali e comunali. Quello fu Salinas de Gortari, e lui e le sue bande dissero che era per il bene della campagna e del contadino che così prosperava e viveva meglio. Ma è stato così? La campagna messicana sta peggio che mai ed i contadini sono più a terra che ai tempi di Porfirio D'az. Ed hanno detto anche che privatizzeranno, cioè che venderanno agli stranieri le imprese dello Stato che servivano al benessere del popolo. Dato che non funzionano bene e si devono modernizzare, è meglio venderle. Ma, invece di migliorare, i diritti sociali conquistati nella rivoluzione del 1910 ora fanno pena... e rabbia. Ed hanno detto pure che bisogna aprire le frontiere per far entrare tutto il capitale straniero, che così si incoraggeranno gli impresari messicani a fare meglio le cose. Ma ora vediamo che non ci sono neanche più imprese nazionali, se le sono mangiate tutte gli stranieri, e quello che vendono è peggio di ciò che si faceva in Messico.
I politici messicani adesso vogliono vendere anche la PEMEX, il petrolio dei messicani, e l'unica differenza è che alcuni dicono che si vende tutto ed altri dicono che se ne vende solo una parte. E vogliono anche privatizzare la previdenza sociale e l'elettricità e l'acqua ed i boschi e tutto, fino a che non rimarrà più niente del Messico ed il nostro paese sarà solo un terreno vuoto o un parco divertimenti dei ricchi di tutto il mondo e noi messicani e messicane saremo i loro domestici, attenti a servirli, vivendo male, senza radici, senza cultura, senza Patria insomma.
I neoliberisti vogliono uccidere il Messico, la nostra patria messicana. Ed i partiti politici elettorali non solo non difendono, ma sono i primi di tutti a mettersi al servizio degli stranieri, principalmente degli Stati Uniti, e sono incaricati di ingannarci, di farci guardare dall'altra parte mentre loro vendono tutto e si prendono i profitti. Tutti i partiti politici elettorali che ci sono adesso, non solo alcuni. Pensate se hanno fatto qualcosa di buono e vedrete che sono solo furti ed inganni. I politici hanno sempre le loro belle case e le loro belle automobili ed i loro lussi. E poi vogliono anche che li ringraziamo e che votiamo un'altra volta per loro. Veramente, come si dice, non hanno il minimo di decenza. E non l'hanno perché davvero non hanno Patria, hanno solo conti in banca.
E vediamo anche crescere il narcotraffico ed i crimini. A volte pensiamo che i criminali sono come quelli rappresentati nelle ballate o nei film, e forse alcuni sono così, ma non lo sono i capi. I capi sono ben vestiti, hanno studiato all'estero, sono eleganti, non si nascondono ma mangiano nei migliori ristoranti ed appaiono sui giornali belli e ben vestiti alle loro feste, cioè, come si dice, sono "gente per bene" ed alcuni sono perfino governanti, deputati, senatori, segretari di stato, prosperi impresari, capi di polizia, generali.
Stiamo dicendo che la politica non serve? No, quello che vogliamo dire è che QUELLA politica non serve. E non serve perché non tiene conto del popolo, non lo ascolta, non gli fa caso, gli si avvicina solo quando ci sono le elezioni e non vogliono neanche più i voti, gli bastano ormai le inchieste per stabilire chi vincerà. E promettono che faranno questo e quest'altro, ma poi, non li vedi più salvo che non esca la notizia che si sono rubati il denaro ma non ne subiranno le conseguenze perché la legge, che loro stessi politici hanno fatto, li protegge.
Questo è un altro problema, la Costituzione è stata oramai tutta rimaneggiata e cambiata. Non è più quella che conteneva i diritti e le libertà del popolo lavoratore, ora ci sono i diritti e le libertà dei neoliberisti per i loro grandi profitti. Ed i giudici sono lì per servire questi neoliberisti, perché si esprimono sempre a loro favore, mentre a quelli che non sono ricchi toccano le ingiustizie, le prigioni, i cimiteri.
Anche in tutto questo disordine che stanno facendo i neoliberisti, ci sono messicani e messicane che si organizzano e fanno lotte di resistenza.
E così sappiamo che ci sono indigeni, che vivono in terre lontane dal Chiapas, che costruiscono la loro autonomia e difendono la loro cultura e curano la terra, i boschi, l'acqua.
E ci sono lavoratori della campagna, contadini, che si organizzano e fanno le loro marce e mobilitazioni per esigere crediti ed appoggi per l'agricoltura.
E ci sono lavoratori della città che non permettono che tolgano loro i diritti o che privatizzino il loro lavoro, ma protestano e manifestano affinché non tolgano loro quel poco che hanno ed affinché non tolgano al paese quello che è suo, come l'elettricità, il petrolio, la previdenza sociale, l'educazione.
E ci sono studenti che non permettono che si privatizzi l'educazione e lottano perché sia gratuita e popolare e scientifica, cioè che non si debba pagare perché tutte le persone possano imparare, e perché nelle scuole non s'insegnino cavolate.
E ci sono donne che non permettono che le trattino come oggetti o che le umilino e disprezzino solo perché sono donne, ma si organizzano e lottano per il rispetto che meritano come donne.
E ci sono giovani che non accettano di essere abbrutiti dalle droghe o che sono perseguitati per il loro modo di essere, ma diventano coscienti con la loro musica e la loro cultura, insomma con la loro ribellione.
E ci sono omosessuali, lesbiche, transessuali e molti modi, che non accettano che si burlino di loro, che li disprezzino, li maltrattino e perfino li ammazzino perché hanno un altro modo che è diverso e li trattano da anormali o delinquenti, e quindi si organizzano per difendere il loro diritto alla diversità.
E ci sono sacerdoti e suore e quelli che si chiamano secolari, che non stanno con i ricchi né con i rassegnati alla preghiera, ma si organizzano per accompagnare le lotte del paese.
E ci sono quelli che si chiamano attivisti sociali che sono uomini e donne che hanno passato tutta la loro vita a lottare per il popolo sfruttato e sono gli stessi che hanno partecipato ai grandi scioperi ed alle azioni operaie, alle grandi mobilitazioni cittadine, nei grandi movimenti contadini e che hanno subito le grandi repressioni, e tutti, anche se alcuni hanno già una certa età, proseguono senza arrendersi e vanno da una parte all'altra cercando la lotta, cercando l'organizzazione, cercando la giustizia, e si fanno organizzazioni di sinistra, organizzazioni non governative, organizzazioni dei diritti umani, organizzazioni di difesa dei prigionieri politici e di verità sui desaparecidos, pubblicazioni di sinistra, organizzazioni di insegnanti o di studenti, cioè lotta sociale e perfino organizzazioni politico-militari, e semplicemente non se ne stanno tranquilli e sanno molto perché hanno visto molto e sentito e vissuto e lottato.
E così, in generale, noi vediamo che nel nostro paese che si chiama Messico, c'è molta gente che non lascia perdere, che non si arrende, che non si vende. Cioè che è degna. E questo ci dà molta gioia ed allegria perché con tutta questa gente i neoliberisti non vinceranno tanto facilmente e forse si riuscirà a salvare la nostra Patria dai grandi furti e dalle distruzioni che compiono. E pensiamo che forse il nostro "noi" potrebbe includere tutte queste ribellioni...
V. Quello che vogliamo fare
Bene, ora vi diremo quello che vogliamo fare nel mondo e in Messico, perché non possiamo guardare tutto quello che succede sul nostro pianeta e restare in silenzio, come se ci fossimo solo noi.
Al mondo, a tutti quelli che resistono e lottano con i loro metodi e nei loro paesi, vogliamo dire che non sono soli, che noi zapatisti, benché siamo molto piccoli, li appoggiamo e studieremo il modo di aiutarli nelle loro lotte e di parlare con loro per imparare, perché in effetti, quello che abbiamo imparato è stato ad imparare.
E vogliamo dire ai popoli latinoamericani, che è per noi un orgoglio essere una parte di voi, benché piccola. E' bello ricordare quando anche anni fa il continente si illuminava ed una luce si chiamava Che Guevara, come prima si chiamò Bolivar, perché a volte i popoli prendono un nome per dire che prendono una bandiera.
E vogliamo dire al popolo di Cuba che da molti anni ormai resiste sul suo cammino, che non è solo e che non siamo d'accordo con il blocco imposto loro, e che vedremo il sistema di mandare qualcosa, anche solo mais, per la sua resistenza. E vogliamo dire al popolo nordamericano che noi non ci confondiamo e sappiamo che una cosa sono i malgoverni che si ritrovano e che pregiudicano tutto il mondo, ed un'altra molto diversa sono i nordamericani che lottano nel loro paese e solidarizzano con le lotte di altri popoli. E vogliamo dire ai fratelli e sorelle Mapuche, in Cile, che guardiamo ed impariamo dalle loro lotte. Ed ai venezuelani che osserviamo bene come difendono la loro sovranità ovvero il diritto della loro Nazione a decidere dove andare. Ai fratelli e sorelle indigeni di Ecuador e Bolivia diciamo che stanno dando una buona lezione di storia a tutta l'America Latina perché ora sì che stanno mettendo un freno alla globalizzazione neoliberista. Ed ai "piqueteros" ed ai giovani dell'Argentina vogliamo dire questo, che gli vogliamo bene. E a quelli che in Uruguay vogliono un paese migliore, che li ammiriamo. E a quelli che in Brasile sono senza terra, che li rispettiamo. E a tutti i giovani dell'America Latina che è bene quello che stanno facendo e che ci dà una grande speranza.
E vogliamo dire ai fratelli e sorelle dell'Europa sociale, quella degna e ribelle, che non sono soli. Che ci rallegrano molto i loro grandi movimenti contro le guerre neoliberiste. Che guardiamo con attenzione le loro forme di organizzazione ed i loro metodi di lotta perché forse qualcosa impariamo. Che stiamo studiando la maniera di appoggiarli nelle loro lotte e che non manderemo euro perché poi si svalutino per le baruffe nell'Unione Europea, ma forse potremo mandare artigianato e caffè perché lo commercializzino e serva d'aiuto per le loro attività di lotta. E forse manderemo anche pozol che dà molta forza nella resistenza, ma chissà se lo manderemo, perché il pozol è proprio del nostro modo e potrebbe far male alla pancia e se si indeboliscono le loro lotte i neoliberisti li sconfiggono.
E vogliamo dire ai fratelli e sorelle di Africa, Asia ed Oceania, che sappiamo che anche lì si sta lottando e che vogliamo conoscere di più le loro idee e le loro pratiche.
E vogliamo dire al mondo che lo vogliamo fare grande, tanto grande da far stare tutti i mondi che resistono perché li vogliono distruggere i neoliberisti e perché non si lascino andare ma lottino per l'umanità.
Bene, in Messico quello che vogliamo fare è un accordo con persone e organizzazioni di sinistra, perché pensiamo che sia nella sinistra politica l'idea di resistere contro la globalizzazione neoliberista, e fare un paese dove ci sia, per tutti, giustizia, democrazia e libertà. Non come adesso, dove c'è giustizia solo per i ricchi, c'è libertà solo per i loro grandi affari e c'è democrazia solo per dipingere i muri con la propaganda elettorale. Perché noi pensiamo che solo dalla sinistra può uscire un progetto di lotta affinché la nostra Patria, il Messico, non muoia.
Dunque, quello che pensiamo è di fare un progetto, con queste persone ed organizzazioni di sinistra, per andare in tutte le parti del Messico dove c'è gente umile e semplice come noi.
Non è che diremo che cosa si deve fare o daremo ordini.
Non vi chiederemo neppure di votare per un candidato, tanto sappiamo che quelli che ci sono, sono neoliberisti.
Non vi diremo neppure di fare come noi, né che ci si sollevi in armi.
Quello che faremo sarà domandare com'è la vostra vita, la vostra lotta, il vostro pensiero su com'è il nostro paese e su cosa fare perché non ci sconfiggano. Quello che faremo sarà conoscere il pensiero delle persone semplici ed umili e forse troveremo in loro lo stesso amore che proviamo noi per la nostra patria.
E forse troveremo un accordo tra noi che siamo semplici ed umili e, insieme, ci organizzeremo in tutto il paese e metteremo insieme le nostre lotte che adesso sono sole, separate le une dalle altre, e troveremo qualcosa come un programma che contenga quello che vogliamo tutti, ed un piano su come realizzare questo programma che si chiama "programma nazionale di lotta".
Allora, secondo l'accordo della maggioranza di queste persone che ascolteremo, faremo una lotta con tutti, con indigeni, operai, contadini, studenti, maestri, impiegati, donne, bambini, anziani, uomini, e con tutto quanto di buono ci sia nel loro cuore e la voglia di lottare affinché non si permetta di distruggere e vendere la nostra patria che si chiama "Messico" e che giace tra il R'o Bravo ed il fiume Suchiate, e ad un lato ha l'oceano pacifico ed all'altro l'oceano atlantico.
VI. Come lo faremo
Quindi, questa è la nostra semplice parola rivolta alle persone umili e semplici del Messico e del mondo, e questa nostra attuale parola si chiama:
Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona
Siamo qui per dire, con la nostra semplice parola, che...
L'EZLN mantiene il suo impegno di cessate il fuoco offensivo e non realizzerà alcun attacco contro forze governative né movimenti militari offensivi.
L'EZLN mantiene ancora il suo impegno di insistere nella via della lotta politica con questa iniziativa pacifica che stiamo presentando. Pertanto, l'EZLN proseguirà nel suo intendimento di non avere nessun tipo di relazione segreta con organizzazioni politico-militari nazionali o di altri paesi.
L'EZLN riconferma il suo impegno di difendere, appoggiare ed obbedire alle comunità indigene zapatiste che lo compongono e che sono il suo comando supremo, e, senza interferire nei loro processi democratici interni e nella misura delle sue possibilità, contribuire al rafforzamento della loro autonomia, buon governo e migliorare le loro condizioni di vita. Ovvero, quello che faremo in Messico e nel mondo, lo faremo senza armi, attraverso un movimento civile e pacifico, e senza trascurare né smettere di appoggiare le nostre comunità.
Pertanto... Nel mondo...
Stringeremo rapporti di rispetto e mutuo appoggio con persone ed organizzazioni che resistono e lottano contro il neoliberismo e per l'umanità.
Nella misura delle nostre possibilità manderemo aiuti materiali come alimentari, artigianato, ai fratelli e sorelle che lottano in tutto il mondo.
Per cominciare, chiederemo in prestito alla Giunta di Buon Governo di La Realidad, il Camion che si chiama "Chompiras" che porta circa 8 tonnellate, e lo riempiremo di mais e forse di due serbatoi da 200 litri l'uno di benzina o petrolio, come meglio conviene, e li consegneremo all'ambasciata di Cuba in Messico perché lo mandi al popolo cubano come sostegno degli zapatisti alla sua resistenza contro il blocco nordamericano. O forse c'è un posto più vicino per fare la consegna perché fino a Città del Messico è sempre distante e se il "Chompiras" si rompe facciamo brutta figura. E questo fino al raccolto che adesso è ancora verde nellamilpa, e se non ci attaccano, perché se lo mandiamo in questi mesi sono solamente pannocchie e con queste non vengono bene neanche i tamales, meglio in novembre o dicembre.
E faremo anche accordi con le cooperative di donne artigiane per mandare un bel po' di tessuti ricamati alle Europe che forse non saranno più Unione, e forse manderemo anche caffè organico delle cooperative zapatiste, affinché lo vendiate e ne ricaviate un po' di soldi per la vostra lotta. E se non si vende si può sempre usare per fare un buon caffè mentre si parla della lotta antineoliberista, e se fa un po' freddo ci si copre con i tessuti ricamati zapatisti che resistono bene perfino ai lavaggi a mano sulla pietra e, inoltre, non stingono.
Anche ai fratelli e sorelle indigene di Bolivia ed Ecuador manderemo un po' di mais non transgenico ma non sappiamo proprio dove consegnare la roba perché arrivi a destinazione, ma siamo disposti a dare questo piccolo aiuto.
E a tutti e tutte che resistono in tutto il mondo diciamo che bisogna fare altri incontri intercontinentali, anche se sarà solo un altro uno. Forse a dicembre di quest'anno o gennaio prossimo, bisogna pensarci. Non vogliamo dire noi quando, perché si tratta di concordare alla pari su tutto, su dove, quando, come, chi. Ma che non sia dal pulpito, dove pochi parlano e tutti gli altri ascoltano, senza altari, alla pari dove tutti parlano, ma in ordine perché altrimenti è solo chiasso e non si capisce la parola, e con una buona organizzazione tutti ascoltano, e appuntano nei loro quaderni le parole di resistenza di altri affinché poi ognuno ne parli con i suoi compagni e compagne nei suoi mondi. Noi pensiamo che si debba tenere in un luogo dove ci sia una prigione molto grande, nel caso ci reprimano e ci arrestino, e per non stare tutti ammucchiati ma carcerati però, questo sì, ben organizzati, e lì in prigione proseguire l'incontro intercontinentale per l'umanità e contro il neoliberismo. Quindi, poi vi diremo come fare per metterci d'accordo su come ci metteremo d'accordo. Bene, così è come pensiamo di fare quello che vogliamo fare nel mondo.
Ora segue... In Messico...
Continueremo a lottare per i popoli indios del Messico, ma non più solo per loro né solo con loro, ma per tutti gli sfruttati e diseredati del Messico, con tutti loro e in tutto il paese. E quando diciamo tutti gli sfruttati del Messico, stiamo parlando anche dei fratelli e delle sorelle che hanno dovuto andare negli Stati Uniti a cercare lavoro per sopravvivere.
Andremo ad ascoltare e parlare direttamente, senza intermediari né mediazioni, con le persone semplici ed umili del popolo messicano e, secondo quanto ascolteremo ed impareremo, costruiremo insieme a queste persone che, come noi, sono umili e semplici, un programma nazionale di lotta, ma un programma che sia chiaramente di sinistra cioè anticapitalista e antineoliberista, cioè per la giustizia, la democrazia e la libertà per il popolo messicano.
Cercheremo di costruire o ricostruire un altro modo di fare politica, che ancora una volta abbia lo spirito di servire gli altri, senza interessi materiali, con sacrificio, con dedizione, con onestà, che rispetti la parola, per cui l'unico compenso sia la soddisfazione del dovere compiuto, cioè come prima facevano i militanti di sinistra che non si fermavano né con le botte, la prigione o la morte, tanto meno con banconote di dollaro.
Inoltre, promuoveremo una lotta per chiedere una nuova Costituzione, cioè nuove leggi che prendano in considerazione le richieste del popolo messicano che sono: casa, terra, lavoro, cibo, salute, educazione, informazione, cultura, indipendenza, democrazia, giustizia, libertà e pace. Una nuova Costituzione che riconosca i diritti e le libertà del popolo, e difenda il debole di fronte al potente.
PER QUESTO...
L'EZLN invierà una delegazione della sua dirigenza per svolgere questo lavoro in tutto il territorio nazionale e a tempo indefinito. Questa delegazione zapatista, insieme alle organizzazioni e persone di sinistra che accoglieranno questa Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, si recherà nei luoghi dove sarà espressamente invitata.
Inoltre, comunichiamo che l'EZLN stabilirà una politica di alleanze con organizzazioni e movimenti non elettorali che si definiscano, in teoria e in pratica, di sinistra, alle seguenti condizioni:
Non fare accordi dall'alto per imporli in basso, ma fare accordi per andare insieme ad ascoltare e organizzare l'indignazione; non creare movimenti che siano poi gestiti alle spalle di chi li fa, ma prendere sempre in considerazione l'opinione di chi vi partecipa; non cercare regali, posizioni, vantaggi, impieghi pubblici, di Potere o di chi aspira al potere, ma andare molto più lontano delle scadenze elettorali; non tentare di risolvere dall'alto i problemi della nostra Nazione, ma costruire DAL BASSO E PER IL BASSO un'alternativa alla distruzione neoliberista, un'alternativa di sinistra per il Messico.
Sì al rispetto reciproco dell'autonomia e indipendenza di organizzazione, delle proprie forme di lotta, del proprio metodo di organizzazione, dei propri processi interni di presa delle decisioni, delle proprie rappresentanze legittime, delle proprie aspirazioni e istanze; e sì ad un impegno chiaro di difesa congiunta e coordinata della sovranità nazionale, con l'opposizione intransigente ai tentativi di privatizzazione dell'energia elettrica, del petrolio, dell'acqua e delle risorse naturali.
Dunque, come si dice, invitiamo le organizzazioni politiche e sociali di sinistra che non sono registrate, le persone che rivendicano di essere di sinistra che non appartengono ai partiti politici, a riunirci a tempo, luogo e modo che proporremo a vostra opportunità, per organizzare una campagna nazionale, visitare tutti gli angoli possibili della nostra patria, per ascoltare ed organizzare la parola del nostro popolo. Quindi, è come una campagna, ma molto diversa perché non è elettorale.
Fratelli e sorelle, questa è la nostra parola con cui dichiariamo:
Nel mondo ci affratelleremo con le lotte di resistenza contro il neoliberismo e per l'umanità.
Appoggeremo, anche se poco, queste lotte.
Con mutuo rispetto, scambieremo esperienze, storie, idee, sogni.
In Messico, percorreremo tutto il paese, le rovine disseminate dalla guerra neoliberista e le resistenze che, trincerate, in lui fioriscono.
Cercheremo, e troveremo, qualcuno che ami questi suoli e questi cieli tanto quanto noi.
Cercheremo, da La Realidad fino a Tijuana, chi vorrà organizzarsi, lottare, costruire forse l'ultima speranza che questa Nazione, che esiste almeno dal giorno in cui un'aquila si posò su un fico d'india per divorare un serpente, non muoia.
Lotteremo per democrazia, libertà e giustizia per coloro a cui sono negate.
Lotteremo per un'altra politica, per un programma di sinistra e per una nuova costituzione.
Invitiamo indigeni, operai, contadini, maestri, studenti, casalinghe, coloni, piccoli proprietari, piccoli commercianti, micro impresari, pensionati, handicappati, religiosi e religiose, scienziati, artisti, intellettuali, giovani, donne, anziani, omosessuali e lesbiche, bambini e bambine, a partecipare, in maniera individuale o collettiva, direttamente con gli zapatisti a questa CAMPAGNA NAZIONALE per la costruzione di un'altro modo di fare politica, di un programma di lotta nazionale e di sinistra, e per una nuova Costituzione.
Questa è la nostra parola su quello che faremo e come lo faremo. E' qui se volete farne parte.
Diciamo agli uomini e alle donne che hanno buoni pensieri nel loro cuore, di essere d'accordo con questa parola che abbiamo pronunciato e di non avere paura, o di avere paura ma di controllarla, e che dicano pubblicamente se sono d'accordo con quest'idea che stiamo presentando, così vedremo chi e come e dove e quando si farà questo nuovo passo nella lotta.
E mentre ci pensate, vi diciamo che, oggi, nel sesto mese dell'anno 2005, gli uomini, donne, bambini ed anziani dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale hanno già deciso e sottoscritto questa Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, e firmato quelli che sanno scrivere e quelli che non lo sanno hanno messo la loro impronta, ma sono ormai pochi quelli che non sanno scrivere perché l'educazione è ormai sviluppata qui, in questo territorio in ribellione per l'umanità e contro il neoliberismo, cioè in cielo e terra zapatisti.
E questa è la nostra semplice parola rivolta ai cuori nobili della gente semplice ed umile che resiste e si ribella contro le ingiustizie in tutto il mondo.
Democrazia!
Libertà!
Giustizia!
Dalle montagne del Sudest messicano.
Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno
Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Messico, nel mese sesto, cioè giugno, dell'anno 2005.